SCUOLA ITALIANA VS SCUOLA INGLESE: intervista ai dirigenti

Di Francesca Sofia Cocco

N.B. Alla fine dell’intervista si trova il video di una parte.

Due personalità, due ruoli, due sistemi a confronto: Roberto Pianta, dirigente scolastico del liceo classico Dettori di Cagliari, e Wayne Barnett, principal della Mascalls Academy, Kent, Inghilterra, raccontano il loro punto di vista riguardo al mondo della scuola tra differenze e analogie. Unico obiettivo? Rendere la scuola migliore.

FRANCESCA SOFIA COCCO: Ripercorrete la vostra carriera. Come siete arrivati oggi a dirigere il Dettori/la Mascalls Academy?

ROBERTO PIANTA: “Questo è il mio 17 anno di professione dirigenziale. Ho iniziato con gli incarichi di presidenza nel 2001, quando fu stabilita l’autonomia funzionale delle scuole. Prima il preside doveva eseguire le circolari che arrivavano dall’alto. Sono stato per 6 anni preside incaricato di diverse scuole, anche di vario genere: di istituti comprensivi (materne, elementari, medie) e direzioni didattiche (solo scuola elementare). Poi ho vinto il concorso nel 2007 e sono entrato in ruolo: ho iniziato con l’istituto professionale Galileo Ferraris di Iglesias dove ho fatto due anni. Poi nel 2009-2010 sono stato al Pertini di Cagliari per 7 anni. Da settembre dirigo il liceo classico Dettori di Cagliari”.

WAYNE BARNETT: “Insegno da circa 20 anni. Prima di insegnare, ho giocato rugby semi-professionalmente: ciò non ha funzionato dunque ho iniziato a insegnare sport. In seguito ho insegnato storia e poi, dopo aver lavorato in varie scuole, sono arrivato alla Mascalls nel 2013, dove da circa 2 anni svolgo il ruolo di principal”.

FSC: Il vostro ruolo nella scuola: cosa vi piace e quali sono i limiti della vostra professione?

ROBERTO PIANTA: “Nel mio contratto di lavoro è scritto che sono il garante della libertà di insegnamento dei docenti e del diritto allo studio degli studenti. Devo fare in modo che ci sia un clima di collaborazione e sereno. Del mio lavoro mi piace l’aspetto organizzativo e quello delle risorse umane e relazionali. Mi piace vedere tante iniziative realizzate a scuola, convegni e mostre, anche se spesso non posso prenderne parte a causa degli impegni, e, anche se può risultare complicato, saper gestire i rapporti tra i vari membri della scuola, studenti, docenti e personale ATA. Ci sono vari limiti di carattere burocratico e economico: non posso avere le risorse che vorrei. Un aspetto che spesso non mi fa dormire è il dover conciliare le necessità di adeguarsi al mondo che cambia, con gli aggiornamenti tecnologici, con il difendere le competenze di base che gli studenti devono acquisire a scuola, come leggere e scrivere in un italiano corretto”.

WAYNE BARNETT: “Il mio ruolo è assicurare che le persone e lo staff siano sicure e che venga data una buona qualità di educazione. Devo assicurare che, quando gli studenti lasciano la Mascalls, siano felici e che la loro educazione sia stata utile per il loro futuro. Se lasciano la scuola felici, penso che automaticamente ho fatto il mio lavoro. Riguardo ai limiti, devo essere capace di gestire i soldi che arrivano dallo Stato. Per ogni studente il governo assicura 4.000 £. In tutto, per la Mascalls arrivano circa 7.000.000 £ dallo Stato di cui l’80% va al pagamento della centinaia di insegnanti e dei circa 70 membri dello staff aggiuntivo. Ciò non lascia molto all’educazione: devo essere molto attento a spendere ogni penny con cura. Le scuole a Londra ricevono più soldi dallo Stato e possono pagare gli insegnanti di più, ma d’altra parte a Londra il costo della vita è maggiore. Invece, ci sono delle aree del Paese in cui le persone non vogliono vivere e in cui può risultare difficile trovare insegnanti. Uno stipendio iniziale per un insegnante in Inghilterra è di circa 25.000 £ l’anno, mentre a Londra è sui 30.000 £. Un aspetto molto stressante del mio lavoro è inoltre il livello di competizione che si crea tra le scuole, incentivato dalle tabelle dei risultati scolastici pubblicate dallo Stato: devo assicurare che lo standard di qualità della scuola rimanga a un livello alto”.

FSC: Cosa ne pensate dell’esperienza di scambio all’estero?

ROBERTO PIANTA: ”Sono assolutamente favorevole. Così come è importante che la scuola si apra al mondo, l’esperienza all’estero è un’esperienza di crescita dell’autonomia personale e di acquisizione di fondamentali competenze di base, che penso che i docenti dovrebbero valutare. È una prova di vita che io renderei obbligatoria per tutti. Penso anche che la nostra scuola dovrebbe iniziare a pensare a uno scambio con scuole all’estero”.

WAYNE BARNETT: ”Per gli ultimi cinque anni abbiamo ospitato exchange student. Penso che l’esperienza dia vantaggi da entrambe le parti: infatti abbiamo osservato che i nostri studenti, che non hanno mai fatto esperienze del genere ma sono andati nelle località da cui provengono gli exchange student solo in vacanza, possano arricchirsi dall’esperienza di lavorare insieme a loro in classe.”

FSC: Cosa ne pensate del sistema scolastico dell’altro Paese?

ROBERTO PIANTA: “Il sistema scolastico inglese è molto diverso. Mi piace il sistema di valutazione affidato a nuclei ispettivi esterni e il fatto che se la scuola non raggiunge certi standard concordati prima, la scuola viene chiusa. È chiaro che questo sistema risulta un modello drastico in Italia, ma mi piace quel sistema di controllo: per quanto ritengo che i risultati della didattica italiana vadano difesi più di quanto si faccia in genere”.

WAYNE BARNETT: “Non conosco davvero nel dettaglio il sistema scolastico italiano. Ma, da come tu mi hai descritto, credo che al nostro sistema potrebbero giovare alcuni elementi del sistema italiano. La possibilità di scegliere a 14 anni che indirizzo scolastico seguire, se uno più pratico o uno più scientifico, sarebbe utile a molti studenti. Infatti, in Inghilterra i ragazzi sono fermi in un tipo di istruzione accademica sino ai 16 anni. Inoltre non ci è concesso di far ripetere l’anno agli studenti, dunque spesso ci si ritrova una situazione in cui gli studenti non hanno buone capacità nel leggere e nello scrivere già alle elementari ma, andando avanti attraverso il sistema, giungono alla scuola secondaria con le stesse mancanze. Insomma, forzare le persone attraverso i livelli di istruzione non è sempre fonte di benefici, se quelle persone non hanno già appreso le competenze che avrebbero già dovuto apprendere negli anni prima”.

FSC: Cosa ne pensate del sistema scolastico del vostro Paese? Punti di forza e cosa cambiereste.

ROBERTO PIANTA: “Della scuola italiana vorrei cambiare la mancanza di mezzi, la rigidità e l’impronta burocratica. Sembra più una caserma che una scuola. La stessa posizione dei banchi nelle classi: c’è il banco del caporale e poi gli altri tutti allineati davanti a sé come un esercito. Mi piacerebbe avere delle aule che siano dei veri e propri laboratori didattici, che non rispecchino il rapporto gerarchico. Il sistema scolastico italiano, con la scuola media unica, ha portato all’alfabetizzazione di massa negli anni 60 e porta i nostri alunni, quando vanno all’università, ad essere delle eccellenze: è un sistema che va avanti nonostante mille difficoltà e che ha dimostrato un’autonomia e flessibilità che non si ritrova in altri comparti, ad esempio nella sanità”.

WAYNE BARNETT: “Una cosa che amo del sistema scolastico inglese è che è aperto a tutti, quindi nel Regno Unito ognuno può avere un’educazione gratuita. C’è inoltre la possibilità per persone molto brave di andare in scuole più adatte al loro profilo scolastico. In alcune aree del Paese, come in Kent, all’età di 11 anni, gli alunni fanno un test accademico e, se lo passano, possono andare a studiare nelle Grammar School. Nelle Grammar schools le persone dovrebbero essere più intelligenti di quelli delle Comprehensive schools: i genitori farebbero qualunque cosa per far entrare i figli nelle Grammar Schools. Abbiamo anche le independent private schools in cui si pagano 20.000£ all’anno: poiché la scuola ha più soldi, gli alunni possono fare più cose e le classi sono molto più ridotte in numero di alunni. Le scuole private non richiedono il test accademico. Dunque, il sistema è molto buono, anche per quanto riguarda le materie che si possono studiare. Con molto rispetto, il Regno Unito è un leader mondiale per quanto riguarda la qualità dell’istruzione e penso che molte persone e Paesi fuori dal Regno Unito si ispirino ad esso. Nonostante ciò, ci sono Paesi che fanno meglio di noi e noi cerchiamo sempre di capire cosa fanno di diverso, per rendere il nostro sistema migliore. Ci sono molte cose che mi piacerebbe cambiare. Ad esempio, vorrei ridurre la quantità di nozioni impartite ai giovani. Penso che insegniamo davvero troppe informazioni nelle materie e come risultato la comprensione non è buona. Insomma, gli studenti sanno poco di molte cose. Io invece sono dell’opinione che sia meglio avere poco da fare ma spendere più tempo su ogni elemento: è più facile sviluppare le conoscenze se si hanno solidi basi. Per di più, non sono un grande fan del modo in cui gli studenti vengono verificati. Impartiamo tutto il tempo verifiche ma spesso ciò non aiuta gli studenti a interiorizzare le conoscenze. Infine, il modo in cui il governo si aspetta che le scuole operino in un certo modo costruisce un elemento competitivo che rende molto stressante il lavoro degli insegnanti”.

FSC: Cosa cercate negli studenti e nei professori?

ROBERTO PIANTA: “Vorrei che gli studenti fossero sempre curiosi di apprendere, che leggessero il giornale tutti i giorni e si occupassero di politica, che conservino entusiasmo e spirito critico. Dei docenti apprezzo l’impegno e spero che non perdano mai l’entusiasmo, perché l’insegnamento è una delle professioni più belle”.

WAYNE BARNETT: “La cosa più importante per me negli studenti è l’attitudine “ci riesco”: lavorare sodo e continuare a provare. E, se lo fai con un sorriso e sei felice di quello che fai, anche meglio. Gli insegnanti devono essere consapevoli dei rischi che corrono: avere in mano l’educazione e l’istruzione degli studenti è un ruolo di grande responsabilità. Devono avere un ruolo morale, essere di esempio per i propri studenti, e devono non solo facilitare l’apprendimento degli studenti del contenuto dei libri ma anche farli diventare discenti della vita”.

FSC: Quali saranno gli effetti della Brexit sull’istruzione in Inghilterra?

WAYNE BARNETT: “Non so se la Brexit avrà un grande impatto sul mondo dell’istruzione in Inghilterra. Credo che riguardi più che altro il libero movimento delle persone nell’Unione Europea: probabilmente cambierà il mercato del lavoro. Potrebbe avere un impatto anche sui finanziamenti per l’istruzione a seconda di cosa accada alla situazione economica del Paese”.

FSC: Cosa ne pensa dell’alternanza scuola lavoro?

ROBERTO PIANTA: “Essa è stata imposta in maniera brusca e improvvisa, invece dovrebbe essere un’opportunità. Va orientata verso due strade: una più legata all’indirizzo e un’altra legata alle facoltà che danno accesso alle professioni”.

FSC: Cosa rende una scuola migliore di un’altra?

ROBERTO PIANTA: “Il clima con cui si lavora. Se gli studenti sono contenti di andare a scuola e anche i docenti lo sono: ciò fa la differenza. Ovviamente anche le strutture sono importanti, però il clima è fondamentale.”

WAYNE BARNETT: “Le persone che ne fanno parte. La scuola è solo un edificio. E io penso che più di tutto sia importante l’attitudine delle persone: dobbiamo andare d’accordo tra di noi ed essere sicuri che la scuola non diventi solo un business, ma che le persone siano sempre in primo piano”.

FSC: Qual è la cosa più importante che gli studenti devono imparare quando finiscono la scuola?

ROBERTO PIANTA: “La curiosità verso il mondo che li circonda, la forma mentis, la preparazione e l’abitudine allo studio, al lavoro e alla fatica”.

WAYNE BARNETT: “La compassione, l’umanità, l’integrità. Dobbiamo sopravvivere in questo mondo con l’un l’altro. Il mio consiglio è: in qualunque modo navighi in questo mondo, fallo senza ferire gli altri. Penso che troppe persone sarebbero disposte a calpestare gli altri per fare successo, ma se fai ciò penso che sicuramente ti tornerà indietro alla fine”

Lascia un commento